L’astensione dalle udienze degli avvocati penalisti

L’Unione delle Camere Penali ha indetto lo stato di agitazione dell’avvocatura penale, che si traduce nell’astensione dalle udienze (fatti salvi i processi con imputati detenuti), dal 14 al 18 novembre 2011.

Io ho ritenuto di aderire a questa agitazione, ma vorrei rendere chiaro – perché spesso questo non lo è a tutti – che lo “sciopero” degli avvocati è una misura estrema che però non difende interessi della categoria, ma risulta ampiamente giustificata dalla gravità dei temi su cui si deve tenere alta l’attenzione di tutti.

Riaffermare con forza la centralità del ruolo del Difensore nel processo penale, quale interprete insostituibile della difesa tecnica, denunciando i continui tentativi di svuotarne l’efficacia, significa rendere un servigio in termini di garanzie democratiche a tutti i cittadini, che devono essere utenti e non “vittime” del sistema giustizia.

Indebolire le garanzie difensive non garantendo la sacralità delle conversazioni tra avvocato ed assistito, ed anzi utilizzandone il contenuto in sede processuale; ritardare l’iscrizione nel registro degli indagati per poter interrogare una persona già indiziata di reato, senza la presenza del Difensore; svilire la funzione del Difensore o tentare di intimidirne l’azione attraverso iniziative giudiziarie; tutto ciò costituisce una realtà che stiamo già vivendo in nome di un malinteso senso di giustizia.

Contro questa violazione inaccettabile della funzione difensiva, che ha dignità costituzionale nell’ambito di un “giusto processo”, e contro l’inerzia del legislatore nel varare una seria riforma della professione forense, con rinnovati criteri di accesso, di specializzazione e di controllo, ho deciso di aderire, per la mia parte, al segnale forte dell’Avvocatura penale. Ciò nella convinzione che questo sacrificio richiesto a una parte di cittadini che in questi cinque giorni non avranno giustizia, vada nell’interesse ed a garanzia di tutti.

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